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dic, ven

Quella finestra chiusa. Nessuna luce. Nessun segno di vita. Camionette e lampeggianti. Uomini in divisa a presidiare un portone sbarrato. Inutile precauzione perchè nessuno ha provato ad avvicinarsi a quel portone. E poi mascherine sul volto, non per nascondersi, non per evitare d'esser visti, ma per rispettare gli altri e ciò che abbiamo vissuto ed ancora stiamo vivendo.

Nessun problema alla circolazione, nessun problema di ordine pubblico. Striscioni e cori: quelli in dialetto li avrà capiti ?  La pazienza ha un limite. Perchè una società di calcio non è mai solo del suo Presidente, ma appartiene a tutta una Comunità, appartiene alla gente che negli anni, dal 1911 ad oggi, ha pianto e gioito per una maglia che non ha eguali al mondo.

Perchè una società di calcio è patrimonio di una intera città anche se in tanti, a cominciare dalle migliaia di imprenditori che qui vivono e danno lustro a questa Terra, spesso se ne dimenticano. Rispetto la parola più pronunciata. Anche più di mercato, classifica, partita. Perchè il rispetto è il fondamento di ogni rapporto. Mi sono commosso. Ad un certo punto avevo le lacrime agli occhi perchè sto diventando vecchio e con gli anni si diventa sentimentali.

Perchè?

Perchè da mesi combatto una battaglia difficile, perchè spesso sono stato frainteso, perchè qualcuno ha pensato che fosse solo un problema personale, come se non avessi i soldi per comprarmi un biglietto. Perchè qualcuno non ha capito, fino ad oggi, che non c'era pregiudizio, ma solo giudizio. Mi sono chiesto spesso se non stessi sbagliando. Mi sono chiesto spesso se non avessi sbagliato qualcosa, offeso qualcuno. Ho condotto quasi 1000 trasmissioni televisive, fatto 1500 telecronache e/o radiocronache, ho visto quasi 2000 partite del Brescia, l'ho raccontato dai balconi delle case che davano sullo stadio in semiclandestinità, e da eleganti box in tribuna stampa. L'ho fatto rinunciando a stare con mia figlia o con mia moglie nei weekend. Era il mio lavoro, ma era soprattutto, allora come oggi, era passione. Ho preso insulti, sputi, ombrellate in testa. Mi sono attorcigliato nel cappotto con 40 di febbre ma c'ero. Mi hanno circondato e minacciato solo perchè avevo gridato con tutto il fiato che avevo in gola: “Goooooooool, goooool del Bresciaaaaaaaa !!!!”.

Ho scritto, insieme ad amici e colleghi, tre libri dedicati al Brescia. L'ho raccontato da tutti gli stadi d'Italia e non solo. Io a Wembley c'ero. E ho pianto. C'ero a Bologna e ho pianto. Come quelli che ieri erano in piazza. Quelli con cui più di una volta ho avuto confronti duri, tesi, fatti di accuse e rimproveri reciproci, perchè si può essere in disaccordo, perchè fare il mio mestiere, perchè questo è un mestiere non una professione, può essere complicato. Dico e scrivo quello che penso, da sempre. Spesso sbaglio ma sempre in buona fede. Non ho mai rifiutato il confronto.

Ieri sera mi sono venute le lacrime agli occhi perchè sono stato umiliato, messo alla berlina, trattato come un paria da chi non conosce la parola rispetto. Sono stato messo in difficoltà dal punto di vista professionale proprio quando mi ero lanciato in una nuova avventura investendo il mio in termini di denaro, tempo e salute. Mi sono commosso ieri sera perchè ho capito che sono dalla parte giusta, e che in fondo sono meno solo di quanto pensassi...

Ciro Corradini