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Presso il museo MUST di Tremosine sul Garda, è visitabile l'esposizione "Come cosa viva" che resterà aperta fino al prossimo 8 settembre. Ingresso libero.

“Come cosa viva” è un progetto voluto dal Comune di Tremosine sul Garda e curato da Pane blu ets, in cui l’arte contemporanea, la partecipazione dei cittadini e l’identità individuale e collettiva degli abitanti del territorio si intrecciano in un percorso di residenze d’artista, laboratori ed esposizioni. Sabato 25 maggio verranno inaugurate presso la sede del museo MUST le esposizioni di restituzione dell’iniziativa, visitabili fino all’8 settembre 2024.

Il progetto ha visto coinvolti cittadini e cittadine, bambine e bambini in una serie di laboratori di comunità, durante le residenze che le artiste Stefania D’Amato, Sara Donati e Armida Gandini hanno svolto a Tremosine nei mesi di marzo e aprile. “Come cosa viva” è ispirato al patrimonio dei 300 vetrini fotografici ritrovati in una vecchia scatola, che ritraggono altrettanti abitanti di Tremosine del primo Novecento sui quali Clara Pilotti condusse con grande passione, accuratezza e professionalità un’importante ricerca, che le permise di identificare oltre 150 persone, le cui biografie sono presentante nel progetto “Il Novecento a Tremosine, volti e storie di vita”.

Stefania D’Amato, Sara Donati e Armida Gandini, artiste dello staff di Pane blu, hanno rielaborato in chiave contemporanea questo materiale fotografico evidenziandone il valore antropologico e creando un filo tematico fra gli abitanti di ieri e quelli di oggi. L’arte consente di osservare ogni cosa sotto molteplici sguardi, conduce a fare riflessioni, a vivere emozioni e a conoscere se stessi e il mondo. Indagare il tema dell’identità individuale e collettiva aggiunge inoltre un grande valore sociale: il senso di unione e appartenenza ad una comunità. I partecipanti ai laboratori si sono così immersi in spazi inconsueti, hanno lavorato con le mani e con l’immaginazione, attraversando la relazione con se stessi e con gli altri.

Le opere presentate in mostra sono frutto di queste commistioni, di questi incontri e dell’intervento autoriale di ogni artista. Il percorso espositivo è infine arricchito da una selezione di pannelli della mostra fotografica curata da Clara Pilotti nel 2017 dalla raccolta “Il Novecento a Tremosine, volti e storie di vita” . Per la stagione 2024 il Museo MUST sarà completamente destinato all’esposizione COME COSA VIVA, e grazie alla collaborazione con l’Associazione Pro Loco Tremosine sul Garda aps, sarà visitabile dal mese di giugno fino all’8 settembre, dal giovedì alla domenica, con orario 10.00-13.00 e 14.00-17.00.

Stefania D’Amato ha lavorato con tutte le classi della Scuola Primaria e Secondaria di I grado di Tremosine e con la cittadinanza. Chi ha partecipato ai suoi laboratori ha attivato un dialogo con le vite e i viaggi delle persone che hanno abitato il territorio di Tremosine nel passato. Attraverso un viaggio spazio-temporale hanno immaginato luoghi vicini e lontani per andare a trovare le vecchie generazioni migranti del paese, sperimentando i linguaggi dell'arte hanno poi realizzato delle cartoline per raccontare il loro incontro. L’esposizione raccoglie tutte le cartoline realizzate, reinterpretando l'ambientazione e i passaggi del laboratorio.

Sara Donati ha lavorato con un gruppo di 8 donne e 8 bambine. Al centro di questa residenza l’interrogarsi sul linguaggio e le sue differenti espressioni. Ispirata da un discorso di Ursula K. Le Gun riguardo l’esistenza di un “linguaggio madre”, una lingua che richiede una risposta, che non parla per declamare o soltanto comunicare ma per entrare in relazione, l’artista ha proposto attraverso il fare insieme, un'esperienza di immaginazione, panificazione e scambio. Durante i laboratori le partecipanti hanno posato per dei ritratti fotografici e dialogato con le immagini delle loro antenate e, come a formare una catena, un gruppo di bambine ha fatto lo stesso con le immagini delle donne della Tremosine di oggi. Si è formato così un filo sottile che raccoglie tre generazioni al femminile che hanno impastato, dialogato, condiviso e prodotto un pane, come dono per la generazione precedente. Da questa panificazione è nato l’allestimento espositivo nelle sale museali del MUST.

Armida Gandini ha lavorato con 11 cittadine e cittadini a partire dai 14 anni. Nel difficile ma affascinante processo di identificazione delle persone fotografate sui vetrini ritrovati a Tremosine, molte sono rimaste anonime, senza un nome e senza una biografia. Il progetto comincia dalla mancanza, ma si sviluppa attraverso il realismo della persona rappresentata nella fotografia: il suo volto, le sue espressioni e posture, i suoi gesti, gli abiti che indossa, il taglio dei capelli, gli anni impressi sulla sua pelle. Immediatamente nasce il desiderio di conoscere le loro storie, di immaginarsi quale sia stata la loro vita. E di raccontarla. Durante il laboratorio, i partecipanti sono entrati in dialogo con le persone raffigurate e hanno immaginato quale potesse essere la loro storia, il loro nome, la loro famiglia. Ma se è vero “che la vita di cui si scrive è inestricabilmente intrecciata con la vita del biografo” scrivere dell’altro significa scrivere di noi stessi, riconoscerci nei suoi occhi, assumere la sua voce. In mostra il risultato di queste scritture e di come Armida Gandini ha rielaborato i materiali esito dei laboratori.