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Sabato 25 febbraio è ospite della biblioteca Sabine Bertagnolli, che in dialogo con Paolo Tagliente presenta il libro «Voglia di abbracci» (Mursia, 2022), scritto con Michela Franco Celani.

Fin dalle prime pagine il lettore viene catapultato nella vita di Sabine, Sandra nel libro, una giovane donna che all’improvviso si trova ad affrontare l’inimmaginabile e deve farlo con le sue sole forze. Il primo imperativo è sopravvivere al dolore, al senso di colpa, e allo stesso tempo organizzarsi per affrontare la quotidianità che incalza.

«Da qualsiasi parte io guardi, non trovo che parole sbagliate. Quelle che dico e quelle che mi vengono dette. Forse non è di parole che ho bisogno, ma di abbracci.», si chiude con queste parole che toccano l’anima il settimo capitolo del libro.

Nasce così l’idea del titolo “Voglia di abbracci”, perché è soprattutto di un abbraccio da parte di quella società che l’ha lasciata sola che Sabine ha sentito forte il bisogno, abbraccio che ora, con questo libro, lei vuole portare a coloro che si trovano a lottare con tutte le loro forze contro malasanità, burocrazia, indifferenza e pregiudizi sociali.

“Quella che ho vissuto fino a oggi -dice Sabine Bertagnolli- è una vita paragonabile a delle montagne russe, con onde che mi portavano in cielo per poi farmi nuovamente sprofondare nell'inferno. In questo libro ho scelto di raccontare la mia crescita interiore e un percorso difficile, ma propositivo e aperto a tutto ciò che offre il futuro. Nel confrontarmi con le altre famiglie, che si ritrovano all'inizio di un percorso analogo al mio, ne percepisco ora il dolore e rivivo quel senso di smarrimento che sentivo così profondamente in passato, cercando di tramutarlo in quell'abbraccio che io non ho mai avuto”.

“Quando venni a conoscenza della terribile esperienza umana di Sabine -racconta Michela Franco Celani- il mio primo pensiero fu che sarebbe stato importante dare una forma letteraria alla sua travolgente storia, in modo da farla conoscere a un pubblico il più possibile vasto. Io sono una persona molto empatica e nella riscrittura del testo di Sabine ho messo gran parte di me stessa, tanto che a volte sono stata quasi sopraffatta dal dolore che lei provava da dovermi addirittura fermare e sospendere il lavoro. A mano a mano che scrivevo, mi rendevo conto che quello che ne usciva era non tanto il racconto di un'esperienza di disabilità, ma piuttosto la testimonianza viva e palpitante di ciò che Sabine col suo coraggio, con la sua abnegazione, col suo rifiuto di rassegnarsi era riuscita a fare. Dunque, vorrei che questo libro venisse visto soprattutto come un libro sul coraggio e ancora di più su quella cosa di cui noi tutti abbiamo bisogno e che è la speranza”.